Nel 2025 l’Italia ha approvato una nuova legge sulla
montagna, un provvedimento atteso da oltre trent’anni che aggiorna in modo
organico il quadro normativo risalente al 1994. La legge nasce con l’obiettivo
di riconoscere la specificità dei territori montani, contrastarne lo
spopolamento e promuovere uno sviluppo sostenibile capace di coniugare tutela
ambientale, crescita economica e qualità della vita delle comunità locali.
La normativa si inserisce in un contesto complesso, in cui
le aree montane continuano a scontare difficoltà strutturali legate
all’accessibilità, alla carenza di servizi essenziali e alla fragilità
demografica, pur rappresentando una risorsa strategica per il Paese sotto il
profilo ambientale, culturale ed economico. La legge punta quindi a superare un
approccio frammentato, offrendo una visione di lungo periodo che tenga insieme
politiche territoriali, sociali e produttive.
Un elemento centrale del nuovo impianto normativo riguarda
la definizione dei Comuni montani, tema particolarmente delicato perché
direttamente collegato all’accesso ai benefici e alle risorse previste dalla
legge. Il legislatore ha previsto che i criteri per individuare i Comuni
montani siano stabiliti con un decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge.
Il decreto è chiamato a introdurre parametri omogenei a livello nazionale, fondati
non solo sull’altitudine, ma anche sulla pendenza del territorio e su
indicatori di tipo socio-economico, con l’obiettivo di restituire una
fotografia più aderente alle reali condizioni di montanità.
Alla fine del 2025 il lavoro tecnico necessario alla
definizione di questi criteri risulta completato: le analisi sono state
elaborate da un gruppo di esperti nominati in sede di Conferenza Unificata e
trasmesse al Ministero per gli Affari regionali e le autonomie. I contenuti del
decreto sono stati quindi resi noti a livello istituzionale e hanno già
alimentato un ampio dibattito pubblico, soprattutto perché le prime simulazioni
mostrano una possibile riduzione del numero di Comuni riconosciuti come montani
rispetto alla classificazione precedente. Tuttavia, il decreto non è ancora
stato formalmente adottato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale e, di
conseguenza, i criteri non sono ancora giuridicamente operativi. Alcune Regioni
e amministrazioni locali hanno, infatti, chiesto ulteriori confronti e
approfondimenti, temendo che un’applicazione troppo rigida dei parametri possa
penalizzare territori che, pur non rientrando pienamente nei nuovi indicatori,
presentano evidenti criticità tipiche delle aree montane.
Accanto alla ridefinizione dei Comuni montani, la legge
introduce importanti strumenti di sostegno economico. Tra questi spicca il
rafforzamento del Fondo per lo sviluppo della montagna italiana, destinato a
finanziare interventi per il potenziamento dei servizi, il sostegno alle
imprese, l’innovazione, il turismo sostenibile e la gestione attiva del
territorio. Particolare attenzione è rivolta anche alle politiche per il lavoro
e alla possibilità di favorire nuove forme di residenzialità, anche attraverso il
lavoro agile, così da rendere le terre alte luoghi attrattivi non solo da
vivere, ma anche in cui investire.
La dimensione sociale occupa un ruolo altrettanto rilevante.
La legge riconosce la necessità di garantire livelli adeguati di servizi
sanitari, educativi e sociali, promuovendo la permanenza delle famiglie e
contrastando il progressivo invecchiamento della popolazione. In questo senso,
la montagna non è più considerata un’area marginale da compensare, ma un
territorio con esigenze specifiche che richiedono politiche dedicate e
continuative.
Nel complesso, la nuova legge sulla montagna 2025
rappresenta un passaggio significativo nel rapporto tra lo Stato e le terre
alte. Molto dipenderà ora dall’attuazione concreta delle misure previste e, in
particolare, dall’adozione definitiva del decreto sui criteri dei Comuni
montani, che costituirà un passaggio chiave per rendere pienamente operativa la
riforma. La sfida sarà quella di tradurre i principi della legge in strumenti
efficaci e realmente capaci di accompagnare una rinascita economica e sociale
delle montagne italiane, senza lasciare indietro i territori più fragili.