Negli ultimi anni sempre più amministrazioni locali hanno rivolto l’attenzione ad uno scenario che fino a qualche tempo fa era piuttosto trascurato: gli spazi pubblici abbandonati o sottoutilizzati. Parliamo di edifici comunali, ex-scuole, ex-magazzini, edifici dismessi che non sono più funzionali nella loro destinazione originaria.
Questa condizione, tuttavia, può diventare un’occasione: attraverso l’uso temporaneo di questi spazi, è possibile attivare processi virtuosi di rigenerazione urbana, sociale e culturale, prima ancora di arrivare a interventi strutturali.
In questo articolo esploriamo come riconoscere questi spazi, come attivarli tramite percorsi partecipativi e ascolto del territorio, e in che modo i bandi possono essere lo strumento decisivo per strutturare la trasformazione.
Identificare gli spazi pubblici abbandonati: come muoversi
Il primo passo per qualsiasi progetto di uso temporaneo è riconoscere quali spazi sono effettivamente disponibili, idonei e potenzialmente attivabili.
Le amministrazioni comunali dispongono spesso di elenchi che evidenziano immobili di proprietà pubblica non più utilizzati.
Una volta individuato un immobile, occorre analizzare lo stato fisico (accessibilità, impianti, vincoli storici o paesaggistici), i costi di intervento preliminare e il contesto urbano in cui si inserisce.
Ascolto e segnalazione dal territorio
Spesso sono i gruppi locali, le associazioni, i comitati di quartiere e i cittadini stessi a segnalare immobili “dormienti” e a manifestare un bisogno di riattivazione. In molti casi, accogliere queste segnalazioni è una parte imprescindibile del processo di riuso. In questo modo l’immobile non rimane un oggetto isolato, bensì un pezzo del tessuto urbano da ricucire.
Una volta individuato lo spazio e ottenuta una prima adesione dal territorio, si entra nella dimensione del “cosa farci dentro”. L’uso temporaneo è utile perché favorisce sperimentazioni e prototipi: si può testare una funzione, generare comunità, raccogliere dati e validare idee prima di passare a interventi più strutturali.
Funzioni possibili
Tra le tante potenzialità, ecco alcune idee concrete:
- Hub culturali e creativi: laboratori artigianali, spazi per artisti, coworking, workshop temporanei
- Servizi sociali di prossimità: doposcuola, centri anziani, spazi per associazioni, sportelli territoriali
- Economia sociale e locale: mercati pop-up, cucine comunitarie, imprese sociali
- Laboratori urbani sperimentali: prototipi di rigenerazione, azioni di “urbanismo temporaneo” per testare soluzioni — ad esempio recupero di piazze o cortili abbandonati
Questo approccio ha diverse caratteristiche interessanti:
- È flessibile: non richiede immediatamente un investimento massiccio, permette di provare una funzione
- Funziona come laboratorio urbano: consente alla città di sperimentare nuove modalità d’uso, adattandosi ai cambiamenti
- Permette di attivare comunità: lo spazio non è più solo un contenitore, diventa un luogo vissuto, sostenuto da stakeholder locali
- Può agevolare la transizione verso interventi più strutturati: una volta testata la funzione, si possono predisporre bandi, studi di fattibilità e interventi di maggiore entità
Percorsi di ascolto e coinvolgimento del territorio
La riattivazione di uno spazio pubblico abbandonato non è mai solo una questione tecnica o immobiliare: al contrario, si tratta di un percorso in cui la dimensione sociale gioca un ruolo decisivo. Perché un luogo torni davvero a vivere, deve farlo insieme alle persone che lo abitano, lo attraversano o lo immaginano come parte del proprio quotidiano. Per questo ogni processo di rigenerazione dovrebbe iniziare con un vero e proprio percorso di ascolto.
La fase iniziale consiste nel creare occasioni di incontro: assemblee pubbliche, presentazioni aperte, momenti di confronto in cui raccontare lo spazio e raccogliere impressioni, idee, desideri. Spesso si affiancano strumenti più mirati, come questionari o interviste rivolte alle associazioni del territorio, ai residenti o ai commercianti. Anche le passeggiate urbane – le cosiddette walkabouts – sono strumenti preziosi: camminare insieme attorno e dentro lo spazio permette a cittadini e stakeholder di osservare direttamente gli accessi, le criticità, le potenzialità e i vincoli dell’edificio. Tutte queste attività consentono di costruire una vera e propria mappa dei bisogni, fondamentale per delineare gli usi temporanei più appropriati.
Una volta raccolte le voci del territorio, si può passare alla fase di co-progettazione, in cui le idee prendono forma. Qui entrano in gioco laboratori partecipativi, momenti operativi in cui cittadini, tecnici, associazioni ed enti pubblici lavorano insieme per immaginare concretamente gli scenari d’uso dello spazio. Spesso questo passaggio prevede anche tavoli di lavoro dedicati, utili per mettere a fuoco questioni gestionali: chi gestirà lo spazio? Per quanto tempo? Con quali risorse e responsabilità?
In ultimo, arriva il momento dell’attivazione sperimentale. L’uso temporaneo rappresenta una sorta di fase pilota, con una durata definita e modalità di concessione chiare. È un periodo durante il quale si osserva come lo spazio viene utilizzato, quali attività funzionano e quali vanno ripensate. Per questo è importante stabilire in anticipo alcuni indicatori di valutazione: il livello di partecipazione della comunità, l’impatto sociale generato, l’effettivo utilizzo degli spazi e persino le micro-economie attivabili. Da questa fase possono emergere visioni e scenari per un consolidamento futuro, sia in termini progettuali che gestionali.
Seguire queste tre fasi – ascolto, co-progettazione e attivazione – significa ridurre conflitti, anticipare criticità e costruire basi solide per future collaborazioni tra pubblico, privato e terzo settore. È un percorso che permette allo spazio of¬fre di tornare ad essere un luogo vissuto, rispettato e, soprattutto, condiviso.
I bandi come leva per la sistemazione e la rigenerazione
Dopo la fase sperimentale, è fondamentale che il progetto possa essere portato a un livello superiore: qui entrano in gioco i bandi pubblici e le politiche di rigenerazione urbana.
Perché i bandi sono utili
- Permettono di reperire risorse per la messa in sicurezza, la manutenzione, l’adeguamento impiantistico, l’arredo e la gestione dello spazio.
- Consentono di trasformare l’uso temporaneo in un intervento più stabile, garantendo continuità e sostenibilità.
- Rafforzano la credibilità del progetto agli occhi di stakeholder pubblici e privati: un uso sperimentale riuscito è un buon biglietto da visita per accedere ai finanziamenti.
Quali vantaggi trae il territorio dalla sistemazione degli spazi pubblici abbandonati
La riattivazione di un bene pubblico in disuso apporta benefici trasversali:
- Valorizzazione del patrimonio pubblico: un immobile inutilizzato può diventare risorsa, evitato degrado, mantenuto il patrimonio, contenuti i costi di abbandono
- Impatto sociale e culturale: spazi attivi generano socialità, inclusione, partecipazione
- Rigenerazione urbana dal basso: l’attivazione di spazi spesso funge da innesco, un edificio riattivato può stimolare attività nei dintorni, migliorare la qualità urbana, aumentare la percezione di sicurezza
- Opportunità economiche: attività temporanee o permanentizzabili possono creare micro-imprese, servizi innovativi, nuovi posti di lavoro
- Coesione e partecipazione civica: coinvolgere cittadini, associazioni, scuole significa costruire senso di appartenenza, ridurre isolamento urbano e favorire la rete tra attori locali
Se hai degli spazi sottoutilizzati contattaci: possiamo supportarti nella fase di riattivazione e nella ricerca di bandi appropriati.