La Regione Lombardia ha ospitato oggi il convegno annuale dedicato
allo stato di avanzamento del Programma FESR 2021–2027 (“Costruire Futuro:
Strategie, Competenze, Territori – evento annuale di presentazione del Programma
Regionale FESR Lombardia 2021/2027”), occasione che ha offerto anche uno
sguardo approfondito sulle prospettive della futura programmazione europea
2028–2034.
I relatori dell’incontro hanno messo in evidenza un quadro
in evoluzione, segnato da segnali di discontinuità rispetto al passato e da
nuove sfide che potrebbero ridefinire il modo in cui l’Europa immagina le sue
politiche di sviluppo, con particolare riferimento agli impatti che ciò potrà
generare rispetto alla Politica di Coesione. Ad oggi, a livello nazionale e
internazionale, l’attuazione della Politica di Coesione continua a scontare
ritardi dovuti prioritariamente all’impatto del PNRR sulle amministrazioni
pubbliche, che ha spostato energie e capacità operative degli enti nella
gestione e attuazione dei progetti finanziati con questo programma.
Guardando avanti, in vista della programmazione dei fondi
europei 2028/2034, si rileva come la proposta di definizione della prossima Politica
di Coesione sia attraversata da pressioni esterne e interne: la crescente
importanza di nuovi temi – come la difesa europea, le politiche migratorie e le
grandi politiche industriali – sta rimodellando le priorità dell’Unione. A
questo si aggiunge la necessità di contribuire al finanziamento del debito
legato al Next Generation EU, che potrebbe comprimere gli spazi di bilancio
disponibili per altre politiche. Al tempo stesso, gli ultimi anni hanno
mostrato l’esigenza di una maggiore flessibilità, poiché bilanci troppo
ingessati hanno reso complesso rispondere con prontezza alle crisi globali. In
questo clima, la Politica di Coesione viene talvolta percepita come
eccessivamente orientata ai bisogni regionali e poco alle priorità strategiche
dell’UE, aprendo la strada a richieste di un allineamento più stretto.
Il dibattito sul futuro bilancio europeo introduce un
elemento di ulteriore complessità: la possibile fusione tra Politica di
Coesione e i fondi per l'agricoltura all’interno di un unico strumento, accompagnata da un
aumento delle risorse gestite direttamente dalla Commissione Europea. Questa
scelta lascerebbe agli Stati membri la responsabilità di decidere come
ripartire i fondi tra coesione e agricoltura.
Un altro cambiamento di rilievo riguarda il legame più
stretto che potrebbe instaurarsi tra investimenti finanziati e riforme
strutturali, un’impostazione che riecheggia quella del PNRR. La futura
programmazione potrebbe anche essere più integrata con il Semestre Europeo, il
ciclo di coordinamento delle politiche economiche. Ciò suggerisce un
progressivo superamento del modello tradizionale basato sui progetti e un
avvicinamento a un sistema dove gli investimenti diventano strumenti per
sostenere trasformazioni più ampie.
In parallelo emerge la volontà di spostare l’attenzione dai
costi reali sostenuti alla misurazione della performance, privilegiando
l’analisi dei risultati generati dai progetti finanziati. Questo passaggio potrebbe accelerare i flussi
di spesa e rendere più lineare la rendicontazione, ma rischia di introdurre
complessità amministrative e di creare uno scollamento tra risultati misurabili
e impatti reali sul territorio. La transizione verso un sistema così
strutturato richiede un equilibrio delicato tra efficienza e profondità degli
interventi.
Si affaccia anche un’idea di controllo europeo più forte,
che dovrebbe però convivere con l’autonomia decisionale dei territori. Il ruolo
delle regioni rimane fondamentale, ma il nuovo scenario chiede una capacità
centrale di coordinamento molto più marcata rispetto al passato. La difficoltà
sarà trovare una sintesi tra queste due dimensioni, mantenendo la capacità
delle politiche di adattarsi ai contesti locali. Non è un caso che il Parlamento europeo abbia manifestato
forti resistenze di fronte a una proposta percepita come dirompente, avviando
un confronto che si preannuncia lungo e complesso.
Tutto ciò rende ancora più cruciale il dialogo tra Stato e
Regioni, che saranno chiamati a definire insieme le priorità strategiche e a
orientare l’uso delle risorse in un contesto profondamente rinnovato. La
programmazione 2028–2034 non si prospetta, quindi, come un aggiornamento della
fase precedente, ma come una vera e propria revisione strutturale del ruolo
della Politica di Coesione.